Storie di Pow(H)er Generation
Storie di Pow(H)er Generation con ISAAC
Nome e Cognome | Anna Impedovo
Ruolo | CHRO
Nome startup | ISAAC srl
Settore | Deep Tech
Anno di lancio | 2018
Per la rubrica Storie di Pow(H)er Generation,
oggi intervistiamo la founder di ISAAC
Di cosa si occupa e qual è il punto di forza di Isaac?
ISAAC ha sviluppato, realizzato e brevettato la prima tecnologia intelligente per la protezione sismica di edifici esistenti, I-Pro 1. A differenza delle altre soluzioni antisismiche disponibili sul mercato ISAAC Protection 1 (I-Pro 1) è una tecnologia ben poco invasiva, infatti, viene installata in copertura e non richiede lunghe fasi di cantiere per essere installata. I vantaggi sono molteplici: i residenti non dovranno convivere le maestranze di cantiere per casa o accettare traslochi temporanei, e i progettisti potranno organizzare al meglio i lavori per rendere le operazioni di messa in opera più efficienti e veloci. A ciò si aggiunge che I-Pro 1 è un sistema antisismico modulare, le macchine che lo compongono, infatti, sono prodotti standard, ed è solo il numero di dispositivi a cambiare a seconda del miglioramento sismico richiesto e dal tipo di edificio su cui viene installato.
Com’è nata l’idea?
Il 2016 e 2017 sono stati gli anni dei terremoti nel centro Italia, evento che ha toccato tutti gli italiani, in modo più o meno diretto. Negli stessi anni, Alberto Bussini, CEO di ISAAC, stava studiando in università gli smorzatori di vibrazioni. Questi due eventi apparentemente sconnessi, hanno portato all’inizio della ricerca per progettare e realizzare smorzatori attivi di vibrazioni che potessero essere applicati su edifici residenziali di piccole e medie dimensioni, che caratterizzano il territorio italiano e non solo.
Con Isaac hai realizzato un tuo sogno nel cassetto o hai stravolto i tuoi piani?
Ho studiato ingegneria gestionale al Politecnico e durante l’ultimo anno di università sono venuta a contatto con il mondo delle startup grazie a progetti universitari e presentazioni di Polihub (incubatore del Politecnico di Milano). Nonostante questo, le prospettive lavorative che iniziavo a prendere in considerazione erano varie e lontane dalla possibilità di collaborare ad un progetto sfidante come quello di dar vita a un nuovo business. Poi, un giorno, ho conosciuto Alberto Bussini, che mi ha raccontato del progetto che stava portando avanti e sebbene all’inizio alcuni dettagli tecnici mi fossero sfuggiti, ho subito capito che l’idea aveva un potenziale enorme, e così non mi sono lasciata scappare la possibilità di partecipare a questa avventura.
Di cosa ti occupavi prima di lavorare in una realtà innovativa?
Durante la stesura della tesi magistrale ho svolto un tirocinio come ricercatrice all’interno dell’Osservatorio IoT del Politecnico di Milano, Ma ISAAC è stata la mia prima e vera esperienza nel mondo del lavoro.
In base alla tua esperienza reputi che il percorso professionale femminile è più complicato di quello maschile?
Credo di sì. Credo che la società in cui viviamo abbia molti pregiudizi rispetto al ruolo della donna, soprattutto in ambito lavorativo, e questo obbliga noi donne a dover dimostrare sempre di più per poter risultare credibili e “all’altezza della situazione”, e questo a volte può risultare stressante. Spesso mi è stato detto di fare la voce più dura e forte per essere presa più sul serio, ma io non credo che la professionalità e la competenza di una persona si possa giudicare dal timbro della voce, e lo stesso vale per tutti gli altri aspetti legati all’immagine e al proprio modo di essere.
Qual è la cosa che più importante che hai imparato dal tuo socio e partner?
La cosa bella di Andrea è che mi completa su moltissimi aspetti: lui mi ha dato la forza e la motivazione per portare avanti questo progetto e, cosa più importante, mi ha insegnato a credere in me stessa. Auguro a tutti di trovare un socio e partner così, perché fare impresa (come d’altronde un percorso di vita) richiede molti sforzi e capacità di superare gli ostacoli senza abbattersi davanti ad errori e imprevisti. Positività, intraprendenza e problem solving: questi gli aspetti più importante che mi ha trasmesso.
Hai una role model di riferimento? Se sì, chi è e perchè
Negli ultimi mesi, considerando la fase di crescita che ISAAC sta affrontando, il mio ruolo si sta concentrando principalmente sull’attività di creazione di un team vincente e gestione delle risorse umane. In questo contesto, ho avuto modo di conoscere Marta Raimondi, CHRO di Casavo. Marta, fin da subito, si è mostrata sempre molto disponibile nei miei confronti, mettendo a disposizione la sua esperienza e le sue conoscenze in ambito HR per darmi consigli e supporto in attività legate alla gestione del personale. La sua competenza, determinazione, passione per quello che fa e la sua capacità di entrare in empatia con le persone sono per me di ispirazione e fanno di Marta un modello per me da cui imparare.
Hai mai avuto una mentor che ti ha guidata/ispirata nel tuo cammino imprenditoriale?
Da quando ho iniziato questa avventura con ISAAC, la persona che mi ha sempre ispirata è Claudia Pingue, General Manager di Polihub in passato e adesso Responsabile del Fondo Technology Transfer in CDP Venture Capital SGR. Da quanto l’ho conosciuta in Polihub, Claudia mi ha sempre trasmesso entusiasmo e dedizione per il suo lavoro, e fin dall’inizio del percorso di ISAAC ha dimostrato un vero interesse non solo per la startup, ma soprattutto per le persone che ci sono al suo interno, supportandoci sia a livello personale che di business. La sua attenzione e interesse per il mondo dell’imprenditoria femminile mi ha sempre dato speranza ed è bellissimo vedere come chi ce l’ha fatta si dedichi con passione per supportare il mondo dell’innovazione.
Sei esperta di un settore che il pregiudizio e il pensiero comune associa a un’inclinazione prevalentemente maschile. Che impatto ha questo stereotipo e come si può scardinare?
Nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria civile, la prevalenza maschile porta sicuramente ad una difficoltà maggiore per le donne che svolgono attività lavorative in questo ambito. Credo che un primo passo per poter scardinare questo stereotipo spetti proprio alle aziende giovani come ISAAC, il cui compito non deve essere solo di portare innovazione tecnologica, ma anche innovazione da un punto di vista culturale, con l’obiettivo che questi stereotipi smettano di esistere tra le generazioni future.
Pensi che il tuo business abbia rilanciato o possa rilanciare il tuo territorio?
L’obiettivo di ISAAC è quello di poter dare alle persone sicurezza quando sono nelle loro case, nonostante l’imprevedibilità degli eventi sismici. L’impatto che la nostra tecnologia può avere non si limita all’ambito sociale, ma si estende anche in ambito economico, in quanto la protezione sismica evita enormi costi di ricostruzione nel momento in cui si assiste ad un terremoto.
Che consiglio daresti ad un aspirante imprenditrice che vorrebbe avviare un business?
Ho due consigli:
1) Accettate i fallimenti e celebrate i successi.
2) Scegliete le persone giuste con cui lavorare, il team è la cosa più importante, se non funziona quello non può funzionare tutto il resto.
A Tu per Tu con Anna e Alberto
Quali sono i pro e i contro di essere due co-founder alla guida di una realtà innovativa?
Anna: Il bello di essere in due è sicuramente poter condividere traguardi e fallimenti, in modo da poter affrontare gli ostacoli sapendo che c’è una spalla su cui appoggiarsi e poter gioire dei successi sapendo che l’altra persona capisce la soddisfazione che provi. La vita di una startup è fatta di tante decisioni ed essere in due a confrontarsi per capire la strada migliore è un grande aiuto, ma a volte può portare a discussioni e tensioni che bisogna imparare a gestire e sfruttare in modo positivo.
Alberto: L’importante è che i co-founder si compensino, ad esempio se uno/a è molto razionale, l’altro/a deve essere più sognatore ed, inoltre, le competenze chiave che portano il vero valore nella startup devono assolutamente essere nei co-founder e l’affiatamento di questi deve essere alto, perchè le idee migliori nascono proprio dal contrasto, dal dibattito ed anche dai litigi e non è assolutamente scontato che ciò avvenga. Si può così dire di avere davvero trovato il proprio co-founder che ha tutti i pro di essere una persona con cui ci si può confrontare su tutti gli argomenti chiave della crescita della startup, una persona che non ti lascia anche nei momenti peggiori e su cui puoi contare perchè la fiducia è essenziale: potersi affidare al lavoro di altri e sapere che questo è stato svolto nel migliore dei modi possibile fa sì che l’altro/a si possa concentrare su attività completamente diverse e che quindi insieme si proceda molto più velocemente perché in una startup si fanno errori tutti i giorni, alcuni più grandi ed altri più piccoli, ma è sempre importante che a fianco ci sia una persona che con te incassa il colpo, a vicenda ci si incoraggi per rialzarsi e grazie all’esperienza maturata si vada avanti e si sappia come affrontare la cosa la volta successiva, avendo imparato dalla caduta. I contro ci possono essere qualora si creino contrasti tra i due nel processo decisionale, ma se entrambi sono capaci di ascoltare e dare molto peso al parere dell’altro e i campi decisionali sono stati ben definiti, questo non avviene. Prendiamo il caso di una startup con due co-founder entrambi con lo stesso ammontare di quote della società e con lo stesso potere decisionale: è facile che al primo contrasto tra i due su un argomento particolarmente decisivo per il processo di crescita della startup se uno dei due non “cede”, il processo decisionale va in stallo e rallenta la cosa più importante che è la velocità di prendere decisioni velocemente. Per questo è importante che la cosa sia ben definita fin dall’inizio tra i co-founder così che anche in caso di conflitti la startup continui a crescere sempre allo stesso ritmo.
Qual è la cosa che più importante che hai imparato dal tuo socio?
Anna: Alberto mi ha insegnato come affrontare sfide e problemi con entusiasmo, senza mai gettare la spugna, ma soprattutto mi ha insegnato a pensare e sognare in grande. Tra i due io sono sempre stata quella più razionale e con i piedi per terra, grazie ad Alberto ho capito che è meglio puntare a 130 e arrivare a 100, che puntare a 70 e arrivare a 80.
Alberto: Vengo dal mondo dell’ingegneria dove tutto è deterministico e mettere insieme dei componenti meccanici, elettrici o idraulici è relativamente “semplice” perchè tutto è prevedibile. Mettere insieme un team invece è qualcosa di estremamente più difficile perchè le persone non sono prevedibili ed è importante capire che ogni persona della squadra con cui si ha a che fare è diversa e pertanto è necessario usare metodi diversi di comunicazione e comprensione. In questo complicato processo l’empatia è la cosa più importante…E’ stata proprio Anna ad insegnarmi l’importanza dell’empatia che oggi considero la cosa fondamentale per creare un team forte, unico ingrediente segreto perchè una startup possa puntare a raggiungere gli obiettivi. Penso che se la mia socia non fosse stata una donna come Anna, non saremmo riusciti ad arrivare dove siamo ora e affrontare momenti nuovi e complicati con lei a fianco mi fa stare tranquillo sapendo che ce la faremo e “anche questa volta troveremo una soluzione”.
Grazie a Anna per aver condiviso la sua storia di empowerment,
con l’augurio che possa essere d’ispirazione per le Founder di domani!
Per maggiori informazioni sull’iniziativa Pow(H)er Generation ti invitiamo a scoprire di più sul sito ufficiale di Cariplo Factory.